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Professore, come si è avvicinato all'Implantologia?
Molti anni fa, quando ancora l’implantologia era una branca odontoiatrica ancora ignorata dal mondo accademico che avevo da poco cominciato a frequentare, ne avevo già intuito le sue grandi potenzialità di sviluppo e di applicazione nell’attività odontoiatrica.
In quel periodo il paziente edentulo che non aveva pilastri naturali validi da poter utilizzare per il sostegno di un ponte fisso, era destinato a dover portare delle protesi mobili sempre piuttosto scomode, ingombranti, instabili e, dal punto di vista psicologico, mal accettate. L'Implantologia Orale endossea era e rimane l'unica possibiltà per costoro di continuare ad avere una dentatura paragonabile a quella naturale, premiante sotto tutti i punti di vista sopra accennati.
Diventato Docente a Chieti mi sono subito impegnato per trasmettere ai discenti le mie idee su vari argomenti di implantologia ed odontoiatria in generale. Per quanto riguarda gli studenti non ancora laureati ho provveduto ad arricchire il programma dell’insegnamento con lezioni sempre più originali e di utilizzo pratico sul campo professionale: il rapporto medico-paziente, la corretta compilazione della cartella clinica, l'organizzazione del lavoro nello studio odontoiatrico, la sua informatizzazione, l'educazione del paziente; oltre, ovviamente, all'esposizione e trattazione di tutte le tecniche chirurgiche ed implantari più utili alla professione (chi volesse approfondire l’argomento può consultare on-line il programma del corso di “Odontostomatologia II” sul sito web dell’Università D’Annunzio).
Per i colleghi medici già laureati inaugurai, invece, il Corso di Perfezionamento in “Implantologia Clinica e Biomateriali”, corso che dimostrò da subito la sua impronta di originalità ed innovazione. Dodici anni or sono fu il primo corso del genere a nascere a livello nazionale e tra i primi che l’Ateneo “G. D’Annunzio” aveva aperto. E per tutti questi anni il suo successo in termini di iscrizioni e di soddisfazione dei corsisti si è costantemente ripetuto. I vari relatori che si susseguono, propongono metodiche implantari di largo seguito e forte riconoscimento scientifico; spesso supportano ed integrano le loro lezioni teoriche con delle dimostrazioni pratiche, sempre molto apprezzate dai discenti, eseguite presso i reparti clinici del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche diretto da Prof. Sergio Caputi a cui va tutto il mio ringraziamento per il sostegno e l’incoraggiamento.
Come affronta le nuove tematiche dettate dall’”Educazione Continua in Medicina”?
Organizzo, con cadenza quasi biennale, convegni ed incontri culturali che mi permettono l’avvicinamento diretto alla libera professione.
Il 6, 7 e 8 giugno 2002 si è svolto ad esempio il congresso dal titolo “Implantologia post-estrattiva: passato, presente, futuro”, al quale sono stati assegnati ben 17 crediti formativi che, per un evento di 3 giorni, sono tantissimi. I relatori, provenienti da tutto il mondo, hanno trattato, in via monotematica, tutto ciò che riguarda le tecniche implantari a sostituzione immediata dell’elemento estratto, partendo dalle metodiche di prima generazione (aghi e viti autofilettanti), passando per l’implantologia post-branemarkiana (impianti root-form), fino ad arrivare alle tecniche del futuro (split-crest, chirurgia piezoelettrica, ecc). Insomma un vero successone anche in termini di affluenza di pubblico tanto che molti partecipanti non sono riusciti nemmeno ad entrare nell’aula gremita all’inverosimile.
Nel 2004, il 26-27-28 Febbraio per la precisione, si è svolto l’ultimo congresso della serie, dal titolo “Semplificazione delle procedure implanto protesiche con l’impiego delle nuove tecnologie biomediche”. Anche in questa occasione si sono succeduti sul podio numerosi relatori di grido, sia Nazionali che Internazionali in una sorta di confronto ravvicinato delle varie tecniche implantologiche, nella ricerca del miglior compromesso tra semplicità operativa ed affidabilità clinica. Inutile dire, vista l’autorevole qualità degli interventi, che anche in tal caso il successo è stato enorme e di risonanza sia locale (con la presenza di varie televisioni regionali che hanno riportato l’evento nei loro notiziari) che nazionale.
Noi pazienti possiamo quindi aver fiducia di una protesi implantare?
-Direi senza dubbio di si. Se ci si rivolge ad un serio professionista che sa quello che può fare e soprattutto, quello che non può fare, posso senza dubbio affermare che ormai l’implantologia è diventata una scienza quasi esatta, con delle percentuali di successo che sfiorano il 95% per l’arcata superiore ed il 98% per l’inferiore. Considerato che stiamo parlando di cure mediche, sono percentuali elevatissime, molto più elevate di tanti trattamenti di altre branche chirurgiche e mediche.
L’Implantologia si può definire come la scienza che si occupa del supporto di elementi dentari artificiali di sostituzione in casi di edentulia. Ritenendo questa definizione incompleta sono solito aggiungere: con il miglior rapporto costi/benefici per il paziente in termini di disagio e stress fisico.
Non dobbiamo infatti mai dimenticare che sotto i nostri ferri chirurgici c’è sempre una persona che deve sopportare le nostre cruenti manovre. A volte, specie in questi ultimi tempi, ci si dimentica di questo e pur di inserire quel dato impianto e di quelle certe dimensioni, sottoponiamo il paziente a delle sofferenze tali da non giustificarne il fine. In definitiva dobbiamo smettere di cercare di adattare il paziente all’impianto, ma, viceversa, dobbiamo adattare l’impianto al paziente, scegliendone uno diverso o, in ultima analisi, cambiando sistema implantare.
Ma la moderna implantologia è migliore della vecchia?
- Mi batto da anni affinché tutto il bagaglio culturale dell’implantologia del passato, di cui i professionisti italiani sono sempre stati maestri, non venga perduto ma anzi rivalutato ed integrato con le moderne tecniche e materiali che rimangono senz'altro quelle di prima scelta. Io personalmente utilizzo nel 10-15% dei casi impianti di prima generazione (viti autofilettanti ed aghi), proprio nell’ottica di ricercare la forma più adatta al caso da affrontare. Ritengo che questo sia l’approccio giusto da perseguire nell’interesse di tutti, medico e paziente. Solo in tal modo saremo degli implantologi a 360 gradi, capaci di affrontare con successo il 100% dei casi, rendendo il massimo servigio ai nostri pazienti, con onestà e rigore professionale.
Molti anni fa, quando ancora l’implantologia era una branca odontoiatrica ancora ignorata dal mondo accademico che avevo da poco cominciato a frequentare, ne avevo già intuito le sue grandi potenzialità di sviluppo e di applicazione nell’attività odontoiatrica.
In quel periodo il paziente edentulo che non aveva pilastri naturali validi da poter utilizzare per il sostegno di un ponte fisso, era destinato a dover portare delle protesi mobili sempre piuttosto scomode, ingombranti, instabili e, dal punto di vista psicologico, mal accettate. L'Implantologia Orale endossea era e rimane l'unica possibiltà per costoro di continuare ad avere una dentatura paragonabile a quella naturale, premiante sotto tutti i punti di vista sopra accennati.
Diventato Docente a Chieti mi sono subito impegnato per trasmettere ai discenti le mie idee su vari argomenti di implantologia ed odontoiatria in generale. Per quanto riguarda gli studenti non ancora laureati ho provveduto ad arricchire il programma dell’insegnamento con lezioni sempre più originali e di utilizzo pratico sul campo professionale: il rapporto medico-paziente, la corretta compilazione della cartella clinica, l'organizzazione del lavoro nello studio odontoiatrico, la sua informatizzazione, l'educazione del paziente; oltre, ovviamente, all'esposizione e trattazione di tutte le tecniche chirurgiche ed implantari più utili alla professione (chi volesse approfondire l’argomento può consultare on-line il programma del corso di “Odontostomatologia II” sul sito web dell’Università D’Annunzio).
Per i colleghi medici già laureati inaugurai, invece, il Corso di Perfezionamento in “Implantologia Clinica e Biomateriali”, corso che dimostrò da subito la sua impronta di originalità ed innovazione. Dodici anni or sono fu il primo corso del genere a nascere a livello nazionale e tra i primi che l’Ateneo “G. D’Annunzio” aveva aperto. E per tutti questi anni il suo successo in termini di iscrizioni e di soddisfazione dei corsisti si è costantemente ripetuto. I vari relatori che si susseguono, propongono metodiche implantari di largo seguito e forte riconoscimento scientifico; spesso supportano ed integrano le loro lezioni teoriche con delle dimostrazioni pratiche, sempre molto apprezzate dai discenti, eseguite presso i reparti clinici del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche diretto da Prof. Sergio Caputi a cui va tutto il mio ringraziamento per il sostegno e l’incoraggiamento.
Come affronta le nuove tematiche dettate dall’”Educazione Continua in Medicina”?
Organizzo, con cadenza quasi biennale, convegni ed incontri culturali che mi permettono l’avvicinamento diretto alla libera professione.
Il 6, 7 e 8 giugno 2002 si è svolto ad esempio il congresso dal titolo “Implantologia post-estrattiva: passato, presente, futuro”, al quale sono stati assegnati ben 17 crediti formativi che, per un evento di 3 giorni, sono tantissimi. I relatori, provenienti da tutto il mondo, hanno trattato, in via monotematica, tutto ciò che riguarda le tecniche implantari a sostituzione immediata dell’elemento estratto, partendo dalle metodiche di prima generazione (aghi e viti autofilettanti), passando per l’implantologia post-branemarkiana (impianti root-form), fino ad arrivare alle tecniche del futuro (split-crest, chirurgia piezoelettrica, ecc). Insomma un vero successone anche in termini di affluenza di pubblico tanto che molti partecipanti non sono riusciti nemmeno ad entrare nell’aula gremita all’inverosimile.
Nel 2004, il 26-27-28 Febbraio per la precisione, si è svolto l’ultimo congresso della serie, dal titolo “Semplificazione delle procedure implanto protesiche con l’impiego delle nuove tecnologie biomediche”. Anche in questa occasione si sono succeduti sul podio numerosi relatori di grido, sia Nazionali che Internazionali in una sorta di confronto ravvicinato delle varie tecniche implantologiche, nella ricerca del miglior compromesso tra semplicità operativa ed affidabilità clinica. Inutile dire, vista l’autorevole qualità degli interventi, che anche in tal caso il successo è stato enorme e di risonanza sia locale (con la presenza di varie televisioni regionali che hanno riportato l’evento nei loro notiziari) che nazionale.
Noi pazienti possiamo quindi aver fiducia di una protesi implantare?
-Direi senza dubbio di si. Se ci si rivolge ad un serio professionista che sa quello che può fare e soprattutto, quello che non può fare, posso senza dubbio affermare che ormai l’implantologia è diventata una scienza quasi esatta, con delle percentuali di successo che sfiorano il 95% per l’arcata superiore ed il 98% per l’inferiore. Considerato che stiamo parlando di cure mediche, sono percentuali elevatissime, molto più elevate di tanti trattamenti di altre branche chirurgiche e mediche.
L’Implantologia si può definire come la scienza che si occupa del supporto di elementi dentari artificiali di sostituzione in casi di edentulia. Ritenendo questa definizione incompleta sono solito aggiungere: con il miglior rapporto costi/benefici per il paziente in termini di disagio e stress fisico.
Non dobbiamo infatti mai dimenticare che sotto i nostri ferri chirurgici c’è sempre una persona che deve sopportare le nostre cruenti manovre. A volte, specie in questi ultimi tempi, ci si dimentica di questo e pur di inserire quel dato impianto e di quelle certe dimensioni, sottoponiamo il paziente a delle sofferenze tali da non giustificarne il fine. In definitiva dobbiamo smettere di cercare di adattare il paziente all’impianto, ma, viceversa, dobbiamo adattare l’impianto al paziente, scegliendone uno diverso o, in ultima analisi, cambiando sistema implantare.
Ma la moderna implantologia è migliore della vecchia?
- Mi batto da anni affinché tutto il bagaglio culturale dell’implantologia del passato, di cui i professionisti italiani sono sempre stati maestri, non venga perduto ma anzi rivalutato ed integrato con le moderne tecniche e materiali che rimangono senz'altro quelle di prima scelta. Io personalmente utilizzo nel 10-15% dei casi impianti di prima generazione (viti autofilettanti ed aghi), proprio nell’ottica di ricercare la forma più adatta al caso da affrontare. Ritengo che questo sia l’approccio giusto da perseguire nell’interesse di tutti, medico e paziente. Solo in tal modo saremo degli implantologi a 360 gradi, capaci di affrontare con successo il 100% dei casi, rendendo il massimo servigio ai nostri pazienti, con onestà e rigore professionale.