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LA STORIA
Da: Filippo Catania (Titolare della casa editrice “Abruzzo-books”)
A: Prof. Stefano Fanali
Intervistatore: Egregio professore, Lei è cattedratico dal 1982. Un bel po’ di tempo fa. Quando all’epoca vinse il concorso per l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti è stato un primato di gioventù?
Fanali: Effettivamente fui il più giovane cattedratico del momento; ricordo che anche il caro e compianto Prof. Pietro De Fazio era del mio stesso millesimo, ma lo battei ai punti, ops……ai mesi!!!!!
Intervistatore: Visto che è sulla breccia da così tanti anni, perché non ci racconta per filo e per segno come è stata la Sua carriera universitaria che, non ho dubbi, dovrebbe essere molto articolata.
Fanali: Bhè, se proprio ci tiene……….anche se non vorrei annoiare nessuno.
Intervistatore: Certamente non sarà così.
Fanali: Quando ci si chiede di raccontare della propria vita universitaria, rimane sempre il dubbio di quale sia il punto giusto da cui incominciare, per ottenere così il duplice scopo di accontentare l’editore e non annoiare il volenteroso lettore che voglia spingersi ad arrivare alla fine dell’articolo. Cercherò quindi, pur non essendo un giornalista né tanto meno uno scrittore, di perseguire al meglio tale scopo.
La mia storia accademica è stata caratterizzata fondamentalmente da due momenti importanti. Il primo fu quando mi avvicinai per la prima volta al mondo odontoiatrico universitario: non ero ancora laureato e anzi proprio per questo mi recai da un grande Cattedratico chiedendo un titolo per la mia la tesi di laurea. E’ stata una di quelle occasioni che capitano nella vita di ogni individuo, in cui solo a posteriori ci si meraviglia di come una banale casualità possa condizionare tutta una vita. Sarebbe infatti bastato che quel giorno ci fosse stata la disponibilità di una tesi in conservativa o in ortognatodonzia, tanto per dirne una, che il mio curriculum sarebbe stato completamente sconvolto rispetto a quello che è stato in realtà.
Ma così, fortunatamente non è stato!
La tesi fu in chirurgia orale e così cominciai a frequentare il reparto omonimo cosa che accese in me la lampadina giusta per illuminare il mio futuro professionale ed accademico. E fu proprio tale lampadina che mi fece credere subito all’implantologia orale endossea, unico mezzo, allora come ancora adesso, per offrire al paziente edentulo un’ulteriore possibilità di avere una dentatura fisiologica, un’ottima alternativa alla famigerata dentiera. Ero ancora ignaro del fatto che sarebbe divenuta nel futuro una delle mie principali passioni ed attività.
Ma su questo argomento val la pena di spendere alcune righe.
In quel periodo, stiamo parlando della fine anni ’70, primi ’80, quando gli studi di Branemark non erano ancora conosciuti da noi, l’implantologia era, eufemisticamente parlando, poco apprezzata dal mondo accademico; anzi i suoi praticanti, numerosi in campo professionale ma totamente assenti da quello universitario, venivano additati e derisi come dei nuovi untori che inserivano nell’osso dei dispositivi metallici alloplastici (estranei) non tenendo in minima considerazione il fatto che nel punto di emergenza transgengivale non esistendo alcun legamento che potesse unire la mucosa al collo dell’impianto, i batteri potevano trovare un facile passaggio verso il tessuto osseo.
Bhè in effetti tutti i torti tali denigratori non li avevano: basti pensare che i maestri implantologi avevano il coraggio di commercializzare le trousses ed i loro dispositivi endossei in elegantissimi cofanetti rivestiti di ……………un bel velluto rosso scarlatto (per buona pace della decontaminazione del metallo).
E quindi, a torto o a ragione, nel loro immaginario collettivo raffiguravano episodi di osteiti, necrosi, osteoflemmoni, fatali setticemie (e chi più ne aveva più ne metteva) che ne facevano condannare “a pripori” la metodica.
Il problema era che nella pratica clinica tutto ciò non accadeva e gli impianti funzionavano perfettamente, ma nessuno se ne domandava il perchè.
Sull’altra sponda gli implantologi con tutti i loro difetti si chiedevano dove fossero queste patologie implantari dato che loro non ne avevano o se ne avevano potevano statisticamente rientrare nel fisiologico numero di fallimenti terapeutici comune a tutte le terapie non solo odontoiatriche ma anche mediche generali.
Comunque la situazione era questa ed io che in qualità di frequentatore del reparto di chirurgia orale di una struttura universitaria ben mi guardavo dal far sapere nel circondario del mio interesse per l’implantologia, mi recavo di nascosto, quasi tutti i fine settimana, in giro per l’Italia per seguire i corsi che i vari Muratori, Tramonte, e altri facevano nei loro studi, facendoseli, tra l’altro, pagare profumatamente.
E così è stato per quasi un anno fino al giorno in cui in una rivista del settore (credo fosse Dental Cadmos) comparve una fotografia che ritraeva il Prof. Giordano Muratori nell’intento di eseguire un intervento implantologico dimostrativo davanti ad un gruppo di corsisti nel suo studio di Bologna. E dato che il sottoscritto per poter meglio osservare l’intervento e seguire per filo e per segno quanto il chirurgo andava facendo, e non essendo per giunta molto alto, era solito posizionarsi proprio a ridosso dell’operatore, fui involontariamente ritratto in primo piano sull’articolo in questione che, manco a dirlo, il giorno dopo fece…………..il giro della clinica.
Ormai ero stato scoperto !!
E da quel giorno fui anch’io considerato tra gli untori.
Però una piccola soddisfazione qualche mese dopo l’ebbi, e fu proprio questa a spingermi ad andare avanti nella strada intrepresa. Il Direttore del reparto di Chirurgia Orale che frequentavo, era il Prof. Rinaldo Lolli (anche se da tempo ci ha lasciato conserverò sempre un commosso il ricordo nel cuore); un giorno egli mi chiese: “A Fanà (così mi chiamava affettuosamente) ho un paziente nello studio che ha perso un icisivo laterale ma non vuole limare i denti limitrofi per fare il ponte. Che te dispiacerebbe venire da me uno di questi giorni per fargli un impianto?”. E lo feci veramente quell’impianto. E fu anche un successo!
Come dicevo all’inizio le svolte sono state due. La prima è stata quella della scelta della tesi di cui ho già parlato, mentre la seconda l’ho avuta quando per esigenze di pianificazione accademica mi si chiese di cambiare insegnamento ed andare dalla Chirurgia Orale alla Clinica Odontostomatologica. Li per lì, pur comprendendo che si trattava di esigenze importanti ed utili alla causa universitaria, mi sentii perduto.
Immaginavo già foschi orizzonti in cui avrei dovuto rivedere completamente il mio bagaglio culturale in modo da affrontare compiutamente il nuovo insegnamento richiedeva, andando a percorrere sentieri per me fino ad allora inesplorati e sconosciuti. Insomma il caro lettore che ancora resiste nella lettura si renderà conto che si trattò di un difficile momento.
Invece, come i nostri avi ben più saggiamente di noi sapevano pensare (mi diceva sempre mia nonna “bada che non tutto il male viene per nuocere”), feci alcune considerazioni che poi mi hanno fatto benedire tale passaggio di insegnamento.
Premetto col dire che quello che oggi viene denominato Odontostomatologia è un insegnamento che viene svolto al quarto e quinto anno del corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e negli intendimenti del legislatore dovrebbe rappresentare un compendio finale di tutto il corso, l’ultimo esame, preparatorio alla futura professione di odontoiatra. Ed infatti quando analizzai i programmi dei corsi delle altre università mi accorsi che altro non era che un riassunto di quanto già trattato più specificatamente nelle materie ad indirizzo professionalizzante degli anni precedenti. Orbene, pur facendo mio l’intendimento di tutti gli altri titolari della materia, volli operare alcune modifiche ed integrazioni inserendo argomenti per così dire originali, ossia mai trattati da altri prima di me, ma che a mio avviso potevano risultare oltremodo utili e spesso anche indispensabili per il giovane odontoiatra che di li a pochi mesi si sarebbe ritrovato solo nel suo studio ad affrontare una professione che come ben sappiamo non richiede solo conoscenze diagnostiche e terapeutiche, ma tutto un bagaglio di informazioni che a me sono venute dopo anni di esperienza sul campo del professionismo, ma che il giovane laureato non può certo avere.
E queste considerazioni hanno aperto in me degli orizzonti entusiasmanti e stimolanti che mi hanno portato alla formulazione di un programma estremamente innovativo ed originale. Innanzi tutto, essendo in primis un chirurgo implantologo, un posto rilevante ce l’ha proprio la chirurgia implantare, tutti i tipi di chirurgia implantare utili, anzi indispensabili, per affrontare un paziente a 360 gradi senza limitazioni di sorta (ma di questo parleremo dopo). E poi un susseguirsi di argomenti dei più vari che si sono andati ad aggiungersi negli anni mano a mano che il programma veniva ampliato e completato. Se il lettore non si è ancora completamente addormentato mi piacerebbe sottoporGli un estratto del programma del mio Corso di Odontostomatologia che possa ben rendere l’idea di quanto ho finora esposto.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA
1. Esame del paziente: Il rapporto medico-paziente (controllo emotivo e tecniche di rilasciamento psichico), anamnesi, esame obbiettivo, esecuzione delle fotografie e dell'esame radiografico complementare, esecuzione di biopsie, richiesta di esami di laboratorio ausiliari, esecuzione di impronte e sviluppo dei modelli di studio. Semeiotica odontostomatologica.
2. La cartella clinica: il consenso informato.
3. Organizzazione del lavoro:
La normativa vigente in materia di rischi lavorativi professionali ed ambientali.
Lo smaltimento dei rifiuti speciali.
Igiene dell’ambiente di lavoro e sterilizzazione dello strumentario.
Nozioni di Medicina Legale
Principi di ergonomia nella progettazione dello studio odontoiatrico, la sua gestione amministrativa e previdenziale, il concetto di marketing.
Organizzazione e razionalizzazione del lavoro; aumento di produttività senza pregiudizio della qualità.
4. Informatizzazione dello studio odontoiatrico: presentazione e descrizione di un programma gestionale tipo; la radiologia digitale e tecniche per l’archiviazione su computer; altri impieghi del computer nello studio professionale.
5. Diagnosi e Piano di trattamento: progettazione e realizzazione del piano di trattamento considerando le condizioni generali di salute del paziente e la sua condizione socio-economica; la propedeuticità delle fasi di trattamento; il calcolo del preventivo.
6. Educazione del paziente: educazione del paziente sull’importanza della salute orale, della corretta igiene domiciliare, delle visite odontoiatriche periodiche.
7. Casi clinici: Presentazione e discussione di casi clinici, applicazione ed integrazione delle esperienze e conoscenze specifiche delle differenti discipline del corso, sviluppo della capacità di diagnosi, programmazione ed esecuzione del piano di trattamento, partecipazione a discussioni di gruppo per ampliare l'area di esperienza clinica.
8. Parte generale:
Anatomia topografica dello splancnocranio con particolare riferimento all’implantologia
I farmaci di uso comune in odontostomatologia. Principi di rianimazione e terapia d’urgenza
Basi della terapia in clinica medica generale, urgenze ed emergenze in odontostomatologia Cenni di semeiotica odontostomatologica.
Trattamento del paziente a rischio.
Anestesia locale in odontostomatologia: tecniche di base ed avanzate
Disinfezione e sterilizzazione nell’ambulatorio odontoiatrico. Preparazione del paziente chirurgico.
I lembi in chirurgia odontostomatologica
Le suture in chirurgia odontostomatologica e loro uso clinico
Chirurgia estrattiva nella pratica ambulatoriale
Le precancerosi ed i tumori del cavo orale e delle ossa mascellari: diagnosi e trattamento
Patologie infiammatoria e cistica delle ossa mascellari
Patologia odontostomatologica.
Le fratture del massiccio facciale
La postura, la gnatologia posturale ed algico-disfunzionale
Le neuropatie secondarie in odontoiatria e implantologia
Patologia delle ghiandole salivari
Le affezioni dei seni mascellari di origine odontogena e non odontogena
9. Implantologia
Anatomia di pertinenza implantare
Gli impianti endossei: caratteristiche meccaniche, chimico fisiche, biologiche.
La decontaminazione delle fixtures
Tipi di impianti (ad ago, root form, viti autofilettanti)
Tecniche di inserimento degli impianti osteointegrati (monofasici e bifasici)
La riabilitazione delle creste edentule atrofiche con e senza l’ausilio dell’implantologia
La protesi su impianti
Tecniche implantari avanzate; il rialzo di seno mascellare e lo spostamento del nervo alveolare inferione.
Studi istologici perimplantari.
Le complicanze dell’implantologia e loro trattamento
Implicazioni medico-legali in implantologia.
Come si vede non si parla di tutta l’odontoiatria, nè era mia intenzione farlo in quanto oltre che a non essere possibile per motivi di tempo, mi sembra inutile tornare su concetti già approfonditamente trattati da altri negli esami specifici. Lasciamo a loro ed all’esame di stato il compito della verifica della preparazione dello studente alla professione.
Mi è sembrato invece utilissimo, e ricevo continuamente conferme ed apprezzamenti da parte degli studenti, proporre lo studio di argomenti nuovi ed inediti in modo da non costringere il neolaureato a cercare nei corsi post-laurea privati l’integrazione delle conoscenze che gli mancano e che l’università non gli ha saputo dare.
Ma la mia attività didattica non si limita solo al Corso di Laurea in Odontoiatria e P.D., anzi quello che reputo il mio fiore all’occhiello è proprio il Corso di Perfezionamento in Implantologia Clinica e Biomateriali che dirigo ormai dal 1989. E’ stato il primo corso di perfezionamento sull’argomento dell’implantologia a nascere a livello nazionale, e tra i primi corsi di perfezionamento che l’Ateneo “G. D’Annunzio” ha aperto. A tutt’oggi, pur nel pletorico proliferare di corsi di implantologia, rappresenta ancora un solido punto di riferimento per l’odontoiatra che voglia accingersi a praticare l’implantologia e, nell’Ateneo di Chieti, è uno dei più seguiti e richiesti.
Si articola in vari incontri di 3 giorni ciascuno in cui vengono affrontati i temi di base dell’implantologia dalla A alla Z, in modo da dare al corsista un bagaglio culturale idoneo ad affrontare in sicurezza e tranquillità i casi più semplici. Per questo durante il corso i vari relatori che si susseguono propongono metodiche implantari di largo seguito e forte riconoscimento scientifico spesso supportando ed integrando le loro lezioni teoriche con delle dimostrazioni pratiche eseguite presso i reparti clinici del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, interventi sempre molto apprezzati dai discenti. Durante il corso vengono fatti anche dei brevi accenni a come affrontare casi più complessi sui quali però si preferisce non soffermarsi troppo per non confondere lo studente con troppe informazioni in poco tempo.
Al termine del corso un breve esame permetterà al Magnifico Rettore dell’Università l’assegnazione del Diploma di Perfezionamento in Implantologia.
Da ultimo non vorrei che l’ormai affaticato lettore dimenticasse una delle attività didattiche fondamentali di una Cattedra Universitaria, quella che permette l’avvicinamento diretto alla libera professione, attività che oggigiorno con l’avvento dell’”Educazione Continua in Medicina” ha assunto un ruolo fondamentale. E mi riferisco all’organizzazione di convegni e incontri culturali. Tra i tanti mi piace sempre ricordare quello dal titolo “Implantologia post-estrattiva: passato, presente, futuro” in cui si è trattato in via monotematica tutto ciò che riguarda le tecniche implantari a sostituzione immediata dall’elemento estratto, partendo dalle metodiche di prima generazione (aghi e viti autofilettanti), passando per l’implantologia post-branemarkiana (impianti root-form), fino ad arrivare alle tecniche del futuro (split-crest, chirurgia piezoelettrica, ecc).
Come si vede non è stata esclusa o sottovalutata alcuna metodica: tutto ciò che funziona, ben venga !
Ed a questo punto mi preme fare alcune precisazioni al fine anche di evitare dei malintesi o delle errate interpretazioni del mio modo di pensare e, soprattutto, del mio modo di vedere l’implantologia che, devo purtroppo constatare, sono state strumentalizzate e travisate anche da colleghi che credevo amici e di cui mi fidavo che però non hanno esitato ad esprimere troppo precipitosamente giudizi e commenti taglienti e tendenziosi senza aver prima chiarito con me quale fosse la realtà dei fatti.
L’IMPLANTOLOGIA E’ UNA !!!!
E questo è un fatto incontrovertibile ma che qualcuno ha dimenticato.
Non esistono impianti nuovi o vecchi, metodiche di serie A o B. Possono esistere delle tecniche poco diffuse, nel senso che vengono adoperate da schiere limitate di colleghi affezionati ed esperti a quel tipo di impianti, ma rimane il fondamento dell’unità della materia implantare che è la scienza che si occupa della sostituzione degli elementi dentari mancanti con dispositivi artificiali. A questa definizione aggiungerei la frase con il miglior rapporto costi (non solo economici, ma anche in termini di disagio e stress per il paziente) – benefici per il paziente.
Cosa intendo? Semplicemente che non dobbiamo mai dimenticare che sotto i nostri ferri chirurgici c’è sempre una persona, organismo biologico che deve sopportare le nostre manovre invasive. Intendo che non si può pretendere che un soggetto anziano o non in perfette condizioni psico-fisiche possa essere sottoposto a delle manovre lunghe e cruente per il solo motivo che intendiamo a tutti i costi inserire l’impianto di quel certo diametro e di quella lunghezza. Insomma la dobbiamo finire di adattare il paziente all’impianto.
DOBBIAMO ADATTARE L’IMPIANTO AL PAZIENTE!
Pertanto il vero implantologo a 360 gradi, come a me piace chiamarlo, userà:
Per il 70% delle situazioni impianti root-form filettati o meno, rivestiti del materiale che ritenga il migliore nel caso specifico, col tipo di connessione abutement-fixture che ritenga più idonea al caso clinico, sommerso o trans-mucoso, e così via: in modo, come ho detto, da adattare l’impianto al paziente.
Per il 10% delle situazioni in cui non è possibile l’uso di fixtures di dimensioni adeguate a sopportare i carichi protesici, opererà al fine di ottenere un incremento dei volumi di osso fruibili con la metodica più opportuna (split-crest, innesti di apposizione, ecc) in modo da usare gli impianti root-form operando degli utili e convenienti “aggiustamenti” al paziente.
L’ultimo 20% lo riserverei a quei casi che non rientrano nel primo gruppo in termini di volumi ossei, ma che non rientrano neanche nel secondo in termini di possibilità di intervento (per stati di debilitazione, per malattie che controindichino interventi chirurgici complessi, semplicemente per età avanzata o per scarse risorse economiche, scarsa voglia di soffrire, ecc). A questa minima percentuale siamo in dovere di offrire un’alternativa, dato che un’alternativa esiste e non è eticamente accettabile nasconderci dietro a dei falsi pregiudizi. Questi pazienti possono e DEVONO essere trattati con tecniche diverse, spesso appartenenti alla cosiddetta implantologia di prima generazione (opportunamente aggiornata e regolarmente certificata) che ci permettono di aggirare tutte quelle limitanti anatomiche che potrebbero in tali specifici casi, configurare una situazione di controindicazione assoluta all’implantologia, col rischio di escludere dei pazienti possibili dal ricevere una riabilitazione implantoprotesica con tutti i vantaggi che comporta.
Ed è per questo che mi batto da anni e sempre mi batterò affinchè tutto il bagaglio culturale dell’implantologia del passato, di cui i professionisti italiani sono sempre stati all’avanguardia, non venga perduto, ma anzi venga rivalutato ed integrato con la moderna implantologia.
Solo in tal modo l’Implantologia potrà essere scritta con l’iniziale maiuscola. Solo in tal modo saremo degli implantologi a 360 gradi in grado di affrontare con successo il 100% dei casi. Solo in tal modo renderemo il massimo servigio ai nostri pazienti, con onestà e rigore professionale.
Grazie di cuore per la benevola attenzione.
Prof. Stefano Fanali
Insegnamento di Odontostomatologia II
Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria
Università “G. D’Annunzio” – CHIETI
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche
A: Prof. Stefano Fanali
Intervistatore: Egregio professore, Lei è cattedratico dal 1982. Un bel po’ di tempo fa. Quando all’epoca vinse il concorso per l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti è stato un primato di gioventù?
Fanali: Effettivamente fui il più giovane cattedratico del momento; ricordo che anche il caro e compianto Prof. Pietro De Fazio era del mio stesso millesimo, ma lo battei ai punti, ops……ai mesi!!!!!
Intervistatore: Visto che è sulla breccia da così tanti anni, perché non ci racconta per filo e per segno come è stata la Sua carriera universitaria che, non ho dubbi, dovrebbe essere molto articolata.
Fanali: Bhè, se proprio ci tiene……….anche se non vorrei annoiare nessuno.
Intervistatore: Certamente non sarà così.
Fanali: Quando ci si chiede di raccontare della propria vita universitaria, rimane sempre il dubbio di quale sia il punto giusto da cui incominciare, per ottenere così il duplice scopo di accontentare l’editore e non annoiare il volenteroso lettore che voglia spingersi ad arrivare alla fine dell’articolo. Cercherò quindi, pur non essendo un giornalista né tanto meno uno scrittore, di perseguire al meglio tale scopo.
La mia storia accademica è stata caratterizzata fondamentalmente da due momenti importanti. Il primo fu quando mi avvicinai per la prima volta al mondo odontoiatrico universitario: non ero ancora laureato e anzi proprio per questo mi recai da un grande Cattedratico chiedendo un titolo per la mia la tesi di laurea. E’ stata una di quelle occasioni che capitano nella vita di ogni individuo, in cui solo a posteriori ci si meraviglia di come una banale casualità possa condizionare tutta una vita. Sarebbe infatti bastato che quel giorno ci fosse stata la disponibilità di una tesi in conservativa o in ortognatodonzia, tanto per dirne una, che il mio curriculum sarebbe stato completamente sconvolto rispetto a quello che è stato in realtà.
Ma così, fortunatamente non è stato!
La tesi fu in chirurgia orale e così cominciai a frequentare il reparto omonimo cosa che accese in me la lampadina giusta per illuminare il mio futuro professionale ed accademico. E fu proprio tale lampadina che mi fece credere subito all’implantologia orale endossea, unico mezzo, allora come ancora adesso, per offrire al paziente edentulo un’ulteriore possibilità di avere una dentatura fisiologica, un’ottima alternativa alla famigerata dentiera. Ero ancora ignaro del fatto che sarebbe divenuta nel futuro una delle mie principali passioni ed attività.
Ma su questo argomento val la pena di spendere alcune righe.
In quel periodo, stiamo parlando della fine anni ’70, primi ’80, quando gli studi di Branemark non erano ancora conosciuti da noi, l’implantologia era, eufemisticamente parlando, poco apprezzata dal mondo accademico; anzi i suoi praticanti, numerosi in campo professionale ma totamente assenti da quello universitario, venivano additati e derisi come dei nuovi untori che inserivano nell’osso dei dispositivi metallici alloplastici (estranei) non tenendo in minima considerazione il fatto che nel punto di emergenza transgengivale non esistendo alcun legamento che potesse unire la mucosa al collo dell’impianto, i batteri potevano trovare un facile passaggio verso il tessuto osseo.
Bhè in effetti tutti i torti tali denigratori non li avevano: basti pensare che i maestri implantologi avevano il coraggio di commercializzare le trousses ed i loro dispositivi endossei in elegantissimi cofanetti rivestiti di ……………un bel velluto rosso scarlatto (per buona pace della decontaminazione del metallo).
E quindi, a torto o a ragione, nel loro immaginario collettivo raffiguravano episodi di osteiti, necrosi, osteoflemmoni, fatali setticemie (e chi più ne aveva più ne metteva) che ne facevano condannare “a pripori” la metodica.
Il problema era che nella pratica clinica tutto ciò non accadeva e gli impianti funzionavano perfettamente, ma nessuno se ne domandava il perchè.
Sull’altra sponda gli implantologi con tutti i loro difetti si chiedevano dove fossero queste patologie implantari dato che loro non ne avevano o se ne avevano potevano statisticamente rientrare nel fisiologico numero di fallimenti terapeutici comune a tutte le terapie non solo odontoiatriche ma anche mediche generali.
Comunque la situazione era questa ed io che in qualità di frequentatore del reparto di chirurgia orale di una struttura universitaria ben mi guardavo dal far sapere nel circondario del mio interesse per l’implantologia, mi recavo di nascosto, quasi tutti i fine settimana, in giro per l’Italia per seguire i corsi che i vari Muratori, Tramonte, e altri facevano nei loro studi, facendoseli, tra l’altro, pagare profumatamente.
E così è stato per quasi un anno fino al giorno in cui in una rivista del settore (credo fosse Dental Cadmos) comparve una fotografia che ritraeva il Prof. Giordano Muratori nell’intento di eseguire un intervento implantologico dimostrativo davanti ad un gruppo di corsisti nel suo studio di Bologna. E dato che il sottoscritto per poter meglio osservare l’intervento e seguire per filo e per segno quanto il chirurgo andava facendo, e non essendo per giunta molto alto, era solito posizionarsi proprio a ridosso dell’operatore, fui involontariamente ritratto in primo piano sull’articolo in questione che, manco a dirlo, il giorno dopo fece…………..il giro della clinica.
Ormai ero stato scoperto !!
E da quel giorno fui anch’io considerato tra gli untori.
Però una piccola soddisfazione qualche mese dopo l’ebbi, e fu proprio questa a spingermi ad andare avanti nella strada intrepresa. Il Direttore del reparto di Chirurgia Orale che frequentavo, era il Prof. Rinaldo Lolli (anche se da tempo ci ha lasciato conserverò sempre un commosso il ricordo nel cuore); un giorno egli mi chiese: “A Fanà (così mi chiamava affettuosamente) ho un paziente nello studio che ha perso un icisivo laterale ma non vuole limare i denti limitrofi per fare il ponte. Che te dispiacerebbe venire da me uno di questi giorni per fargli un impianto?”. E lo feci veramente quell’impianto. E fu anche un successo!
Come dicevo all’inizio le svolte sono state due. La prima è stata quella della scelta della tesi di cui ho già parlato, mentre la seconda l’ho avuta quando per esigenze di pianificazione accademica mi si chiese di cambiare insegnamento ed andare dalla Chirurgia Orale alla Clinica Odontostomatologica. Li per lì, pur comprendendo che si trattava di esigenze importanti ed utili alla causa universitaria, mi sentii perduto.
Immaginavo già foschi orizzonti in cui avrei dovuto rivedere completamente il mio bagaglio culturale in modo da affrontare compiutamente il nuovo insegnamento richiedeva, andando a percorrere sentieri per me fino ad allora inesplorati e sconosciuti. Insomma il caro lettore che ancora resiste nella lettura si renderà conto che si trattò di un difficile momento.
Invece, come i nostri avi ben più saggiamente di noi sapevano pensare (mi diceva sempre mia nonna “bada che non tutto il male viene per nuocere”), feci alcune considerazioni che poi mi hanno fatto benedire tale passaggio di insegnamento.
Premetto col dire che quello che oggi viene denominato Odontostomatologia è un insegnamento che viene svolto al quarto e quinto anno del corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e negli intendimenti del legislatore dovrebbe rappresentare un compendio finale di tutto il corso, l’ultimo esame, preparatorio alla futura professione di odontoiatra. Ed infatti quando analizzai i programmi dei corsi delle altre università mi accorsi che altro non era che un riassunto di quanto già trattato più specificatamente nelle materie ad indirizzo professionalizzante degli anni precedenti. Orbene, pur facendo mio l’intendimento di tutti gli altri titolari della materia, volli operare alcune modifiche ed integrazioni inserendo argomenti per così dire originali, ossia mai trattati da altri prima di me, ma che a mio avviso potevano risultare oltremodo utili e spesso anche indispensabili per il giovane odontoiatra che di li a pochi mesi si sarebbe ritrovato solo nel suo studio ad affrontare una professione che come ben sappiamo non richiede solo conoscenze diagnostiche e terapeutiche, ma tutto un bagaglio di informazioni che a me sono venute dopo anni di esperienza sul campo del professionismo, ma che il giovane laureato non può certo avere.
E queste considerazioni hanno aperto in me degli orizzonti entusiasmanti e stimolanti che mi hanno portato alla formulazione di un programma estremamente innovativo ed originale. Innanzi tutto, essendo in primis un chirurgo implantologo, un posto rilevante ce l’ha proprio la chirurgia implantare, tutti i tipi di chirurgia implantare utili, anzi indispensabili, per affrontare un paziente a 360 gradi senza limitazioni di sorta (ma di questo parleremo dopo). E poi un susseguirsi di argomenti dei più vari che si sono andati ad aggiungersi negli anni mano a mano che il programma veniva ampliato e completato. Se il lettore non si è ancora completamente addormentato mi piacerebbe sottoporGli un estratto del programma del mio Corso di Odontostomatologia che possa ben rendere l’idea di quanto ho finora esposto.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA
1. Esame del paziente: Il rapporto medico-paziente (controllo emotivo e tecniche di rilasciamento psichico), anamnesi, esame obbiettivo, esecuzione delle fotografie e dell'esame radiografico complementare, esecuzione di biopsie, richiesta di esami di laboratorio ausiliari, esecuzione di impronte e sviluppo dei modelli di studio. Semeiotica odontostomatologica.
2. La cartella clinica: il consenso informato.
3. Organizzazione del lavoro:
La normativa vigente in materia di rischi lavorativi professionali ed ambientali.
Lo smaltimento dei rifiuti speciali.
Igiene dell’ambiente di lavoro e sterilizzazione dello strumentario.
Nozioni di Medicina Legale
Principi di ergonomia nella progettazione dello studio odontoiatrico, la sua gestione amministrativa e previdenziale, il concetto di marketing.
Organizzazione e razionalizzazione del lavoro; aumento di produttività senza pregiudizio della qualità.
4. Informatizzazione dello studio odontoiatrico: presentazione e descrizione di un programma gestionale tipo; la radiologia digitale e tecniche per l’archiviazione su computer; altri impieghi del computer nello studio professionale.
5. Diagnosi e Piano di trattamento: progettazione e realizzazione del piano di trattamento considerando le condizioni generali di salute del paziente e la sua condizione socio-economica; la propedeuticità delle fasi di trattamento; il calcolo del preventivo.
6. Educazione del paziente: educazione del paziente sull’importanza della salute orale, della corretta igiene domiciliare, delle visite odontoiatriche periodiche.
7. Casi clinici: Presentazione e discussione di casi clinici, applicazione ed integrazione delle esperienze e conoscenze specifiche delle differenti discipline del corso, sviluppo della capacità di diagnosi, programmazione ed esecuzione del piano di trattamento, partecipazione a discussioni di gruppo per ampliare l'area di esperienza clinica.
8. Parte generale:
Anatomia topografica dello splancnocranio con particolare riferimento all’implantologia
I farmaci di uso comune in odontostomatologia. Principi di rianimazione e terapia d’urgenza
Basi della terapia in clinica medica generale, urgenze ed emergenze in odontostomatologia Cenni di semeiotica odontostomatologica.
Trattamento del paziente a rischio.
Anestesia locale in odontostomatologia: tecniche di base ed avanzate
Disinfezione e sterilizzazione nell’ambulatorio odontoiatrico. Preparazione del paziente chirurgico.
I lembi in chirurgia odontostomatologica
Le suture in chirurgia odontostomatologica e loro uso clinico
Chirurgia estrattiva nella pratica ambulatoriale
Le precancerosi ed i tumori del cavo orale e delle ossa mascellari: diagnosi e trattamento
Patologie infiammatoria e cistica delle ossa mascellari
Patologia odontostomatologica.
Le fratture del massiccio facciale
La postura, la gnatologia posturale ed algico-disfunzionale
Le neuropatie secondarie in odontoiatria e implantologia
Patologia delle ghiandole salivari
Le affezioni dei seni mascellari di origine odontogena e non odontogena
9. Implantologia
Anatomia di pertinenza implantare
Gli impianti endossei: caratteristiche meccaniche, chimico fisiche, biologiche.
La decontaminazione delle fixtures
Tipi di impianti (ad ago, root form, viti autofilettanti)
Tecniche di inserimento degli impianti osteointegrati (monofasici e bifasici)
La riabilitazione delle creste edentule atrofiche con e senza l’ausilio dell’implantologia
La protesi su impianti
Tecniche implantari avanzate; il rialzo di seno mascellare e lo spostamento del nervo alveolare inferione.
Studi istologici perimplantari.
Le complicanze dell’implantologia e loro trattamento
Implicazioni medico-legali in implantologia.
Come si vede non si parla di tutta l’odontoiatria, nè era mia intenzione farlo in quanto oltre che a non essere possibile per motivi di tempo, mi sembra inutile tornare su concetti già approfonditamente trattati da altri negli esami specifici. Lasciamo a loro ed all’esame di stato il compito della verifica della preparazione dello studente alla professione.
Mi è sembrato invece utilissimo, e ricevo continuamente conferme ed apprezzamenti da parte degli studenti, proporre lo studio di argomenti nuovi ed inediti in modo da non costringere il neolaureato a cercare nei corsi post-laurea privati l’integrazione delle conoscenze che gli mancano e che l’università non gli ha saputo dare.
Ma la mia attività didattica non si limita solo al Corso di Laurea in Odontoiatria e P.D., anzi quello che reputo il mio fiore all’occhiello è proprio il Corso di Perfezionamento in Implantologia Clinica e Biomateriali che dirigo ormai dal 1989. E’ stato il primo corso di perfezionamento sull’argomento dell’implantologia a nascere a livello nazionale, e tra i primi corsi di perfezionamento che l’Ateneo “G. D’Annunzio” ha aperto. A tutt’oggi, pur nel pletorico proliferare di corsi di implantologia, rappresenta ancora un solido punto di riferimento per l’odontoiatra che voglia accingersi a praticare l’implantologia e, nell’Ateneo di Chieti, è uno dei più seguiti e richiesti.
Si articola in vari incontri di 3 giorni ciascuno in cui vengono affrontati i temi di base dell’implantologia dalla A alla Z, in modo da dare al corsista un bagaglio culturale idoneo ad affrontare in sicurezza e tranquillità i casi più semplici. Per questo durante il corso i vari relatori che si susseguono propongono metodiche implantari di largo seguito e forte riconoscimento scientifico spesso supportando ed integrando le loro lezioni teoriche con delle dimostrazioni pratiche eseguite presso i reparti clinici del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, interventi sempre molto apprezzati dai discenti. Durante il corso vengono fatti anche dei brevi accenni a come affrontare casi più complessi sui quali però si preferisce non soffermarsi troppo per non confondere lo studente con troppe informazioni in poco tempo.
Al termine del corso un breve esame permetterà al Magnifico Rettore dell’Università l’assegnazione del Diploma di Perfezionamento in Implantologia.
Da ultimo non vorrei che l’ormai affaticato lettore dimenticasse una delle attività didattiche fondamentali di una Cattedra Universitaria, quella che permette l’avvicinamento diretto alla libera professione, attività che oggigiorno con l’avvento dell’”Educazione Continua in Medicina” ha assunto un ruolo fondamentale. E mi riferisco all’organizzazione di convegni e incontri culturali. Tra i tanti mi piace sempre ricordare quello dal titolo “Implantologia post-estrattiva: passato, presente, futuro” in cui si è trattato in via monotematica tutto ciò che riguarda le tecniche implantari a sostituzione immediata dall’elemento estratto, partendo dalle metodiche di prima generazione (aghi e viti autofilettanti), passando per l’implantologia post-branemarkiana (impianti root-form), fino ad arrivare alle tecniche del futuro (split-crest, chirurgia piezoelettrica, ecc).
Come si vede non è stata esclusa o sottovalutata alcuna metodica: tutto ciò che funziona, ben venga !
Ed a questo punto mi preme fare alcune precisazioni al fine anche di evitare dei malintesi o delle errate interpretazioni del mio modo di pensare e, soprattutto, del mio modo di vedere l’implantologia che, devo purtroppo constatare, sono state strumentalizzate e travisate anche da colleghi che credevo amici e di cui mi fidavo che però non hanno esitato ad esprimere troppo precipitosamente giudizi e commenti taglienti e tendenziosi senza aver prima chiarito con me quale fosse la realtà dei fatti.
L’IMPLANTOLOGIA E’ UNA !!!!
E questo è un fatto incontrovertibile ma che qualcuno ha dimenticato.
Non esistono impianti nuovi o vecchi, metodiche di serie A o B. Possono esistere delle tecniche poco diffuse, nel senso che vengono adoperate da schiere limitate di colleghi affezionati ed esperti a quel tipo di impianti, ma rimane il fondamento dell’unità della materia implantare che è la scienza che si occupa della sostituzione degli elementi dentari mancanti con dispositivi artificiali. A questa definizione aggiungerei la frase con il miglior rapporto costi (non solo economici, ma anche in termini di disagio e stress per il paziente) – benefici per il paziente.
Cosa intendo? Semplicemente che non dobbiamo mai dimenticare che sotto i nostri ferri chirurgici c’è sempre una persona, organismo biologico che deve sopportare le nostre manovre invasive. Intendo che non si può pretendere che un soggetto anziano o non in perfette condizioni psico-fisiche possa essere sottoposto a delle manovre lunghe e cruente per il solo motivo che intendiamo a tutti i costi inserire l’impianto di quel certo diametro e di quella lunghezza. Insomma la dobbiamo finire di adattare il paziente all’impianto.
DOBBIAMO ADATTARE L’IMPIANTO AL PAZIENTE!
Pertanto il vero implantologo a 360 gradi, come a me piace chiamarlo, userà:
Per il 70% delle situazioni impianti root-form filettati o meno, rivestiti del materiale che ritenga il migliore nel caso specifico, col tipo di connessione abutement-fixture che ritenga più idonea al caso clinico, sommerso o trans-mucoso, e così via: in modo, come ho detto, da adattare l’impianto al paziente.
Per il 10% delle situazioni in cui non è possibile l’uso di fixtures di dimensioni adeguate a sopportare i carichi protesici, opererà al fine di ottenere un incremento dei volumi di osso fruibili con la metodica più opportuna (split-crest, innesti di apposizione, ecc) in modo da usare gli impianti root-form operando degli utili e convenienti “aggiustamenti” al paziente.
L’ultimo 20% lo riserverei a quei casi che non rientrano nel primo gruppo in termini di volumi ossei, ma che non rientrano neanche nel secondo in termini di possibilità di intervento (per stati di debilitazione, per malattie che controindichino interventi chirurgici complessi, semplicemente per età avanzata o per scarse risorse economiche, scarsa voglia di soffrire, ecc). A questa minima percentuale siamo in dovere di offrire un’alternativa, dato che un’alternativa esiste e non è eticamente accettabile nasconderci dietro a dei falsi pregiudizi. Questi pazienti possono e DEVONO essere trattati con tecniche diverse, spesso appartenenti alla cosiddetta implantologia di prima generazione (opportunamente aggiornata e regolarmente certificata) che ci permettono di aggirare tutte quelle limitanti anatomiche che potrebbero in tali specifici casi, configurare una situazione di controindicazione assoluta all’implantologia, col rischio di escludere dei pazienti possibili dal ricevere una riabilitazione implantoprotesica con tutti i vantaggi che comporta.
Ed è per questo che mi batto da anni e sempre mi batterò affinchè tutto il bagaglio culturale dell’implantologia del passato, di cui i professionisti italiani sono sempre stati all’avanguardia, non venga perduto, ma anzi venga rivalutato ed integrato con la moderna implantologia.
Solo in tal modo l’Implantologia potrà essere scritta con l’iniziale maiuscola. Solo in tal modo saremo degli implantologi a 360 gradi in grado di affrontare con successo il 100% dei casi. Solo in tal modo renderemo il massimo servigio ai nostri pazienti, con onestà e rigore professionale.
Grazie di cuore per la benevola attenzione.
Prof. Stefano Fanali
Insegnamento di Odontostomatologia II
Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria
Università “G. D’Annunzio” – CHIETI
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche